Oggi parliamo di trebbiano, quello toscano, un vitigno che appartiene alla storia ampelografica della Toscana e d’Italia. Il trebbiano toscano non è mai stato considerato un primo attore e per molti anni si è quasi nascosto nelle personalità caratteriali di uve che offrivano più appeal di profumo e di gusto, quasi come il “brutto anatroccolo” della fiaba di Andersen.
Ogni favola però ha una conclusione felice e anche per il trebbiano si sta avvicinando, né e testimonianza un vino prodotto dalla famiglia Caputo dalle vigne dello storico Podere Pellicciano a San Miniato: il vino si chiama Fonte Vivo. Il trebbiano è raccolto manualmente e prima di avviare la vinificazione è appassito nel fruttaio per circa 40-45 giorni, la fermentazione avviene con macerazione, cioè con contatto di bucce, per rifornire di sostanze coloranti, aromatiche e strutturali il vino, il tempo complessivo di contatto è di cento giorni.
L’intento è di caratterizzare l’essenza della personalità del vitigno, sottraendogli il meglio della purezza che può offrire. Prima dell’imbottigliamento sosta un anno in vasche di cemento, poi si affina in vetro per dodici mesi. Una volta nel calice, il Trebbiano Fonte Vivo 2020 brilla di ambra chiara dai riflessi dorati.
Ha immediatezza floreale di ginestra, camomilla e tarassaco per svelare, gradualmente, ampia complessità di marmellata di arancia, fieno greco, lievità di curry e curcuma. Ha un’appagante freschezza mentolata che si allunga su una mirabile sapidità agrumata, corroborata dalla delicatissima eleganza di un soffio tannico. È vino con nobiltà da tartufo bianco di San Miniato; uovo, tagliolini e perfino fonduta. Da brutto anatroccolo s’è fatto cigno bianco.